La diastasi addominale è l’eccessiva separazione delle due parti del muscolo retto dell’addome.
Il muscolo retto dell'addome è una spessa lamina muscolare che contribuisce a formare la parte mediana anteriore della parete addominale estendendosi dalla gabbia toracica alla pelvi.
Il muscolo retto ha origine da parte delle coste (V, VI, VII) e dal processo xifoideo. Da qui si porta verso il basso terminando sulla parte superiore del pube.
È ricoperto davanti e dietro da una guaina (copertura, fascia) formata dalla fusione delle aponeurosi dei tre muscoli laterali dell'addome, che incrociandosi con quella dell'altro lato formano la linea alba, che congiunge il muscolo retto sinistro con il muscolo retto controlaterale.
Insieme ai muscoli obliqui esterni ed interni e al muscolo trasverso dell’addome costituisce l’insieme della muscolatura addominale.
Con la sua azione flette il torace sulla pelvi e viceversa e abbassa le coste, agendo, quindi, da muscolo espiratorio. Ha anche un ruolo minore nella torsione e nell'inclinazione del busto. La sua contrazione aumenta la pressione addominale.
La “diastasi” dei muscoli retti dell’addome si verifica quando la distanza tra i due “ventri” muscolari destro e sinistro aumenta. Tale aumento solitamente avviene in conseguenza dell’aumento della pressione interna all’addome, come ad esempio nelle donne in corso di gravidanza o nei soggetti obesi.
Soggetti più a rischio sono inoltre gli sportivi, soprattutto chi pratica attività fisica intensa, come il sollevamento di pesi, e i soggetti portatori di una patologia congenita del collagene, che rende più debole la parete addominale. La diastasi può associarsi anche alla presenza di ernie della parete addominale anteriore, come l’ernia ombelicale.
Pur essendo frequente, spesso non è riconosciuta e diagnosticata, ritardando così l’accesso dei pazienti a cure e trattamenti adeguati.
Quali sono i segni e i sintomi che fanno sospettare la presenza di una diastasi addominale?
La perdita del fisiologico allineamento dei muscoli retti dell’addome comporta non solo alterazioni della forma, ma anche delle pressioni interne allo stesso, con ripercussioni sulla dinamica respiratoria e sul funzionamento dell’apparato urinario ed intestinale.
Addome prominente (“sembro ancora incinta”), gonfiore addominale, difficoltà digestive, disturbi della continenza urinaria, mal di schiena, sono segnali che possono far sospettare la presenza di una diastasi.
La diagnosi è essenzialmente clinica. Il medico attraverso alcune manovre può evidenziare la diastasi e apprezzarla palpatoriamente, in modo da stimarne l’estensione longitudinale e trasversale.
Ulteriori accertamenti radiologici (ecografia, TC o RM della parete addominale) sono di supporto per meglio definire l’ampiezza del difetto, la presenza di ernie associate, lo stato dei muscoli retti e dei muscoli larghi dell’addome, lo spessore del tessuto sottocutaneo. Questi elementi possono essere dirimenti nella scelta del metodo più appropriato di intervento chirurgico e/o conservativo.
Una distanza tra i due muscoli retti superiore a 3 cm e con sintomi come quelli sopraelencati è classicamente considerata una indicazione al trattamento chirurgico. Diastasi meno pronunciate e paucisintomatiche possono essere trattate con esercizi specifici, atti a rinforzare la muscolatura dei muscoli dell’addome e del pavimento pelvico. La fisioterapia non guarisce la diastasi, ma può migliorare i sintomi e ritardarne o impedirne il peggioramento.
Qual è il trattamento chirurgico più appropriato della diastasi addominale?
Come per tutti i difetti della parete addominale l’approccio alla diastasi può giovarsi di diverse tecniche, alcune tradizionali altre più innovative e mini- invasive. Non esiste un trattamento ideale per tutti i casi e la scelta dipende dalla considerazione di molteplici fattori, legati sia al paziente che alla tipologia e al grado del difetto. L’aspetto funzionale e quello estetico devono essere garantiti allo stesso tempo, ma è opportuno spiegare al paziente i limiti della chirurgia e la necessità di una corretta preparazione preoperatoria, così come di una corretta gestione successivamente all’intervento. È importante, prima di tutto, la correzione del peso, poiché l’obesità è un fattore di aggravamento della diastasi ed aumenta il rischio di recidiva. È importante la sospensione del fumo e lo svolgimento di esercizi sotto la guida di fisioterapisti dedicati in preparazione dell’intervento.
Le tecniche che attualmente utilizziamo sono:
- L’addominoplastica parziale o con transposizione ombelicale
- La plicatura per via laparoscopica
- La tecnica REPA
- Le tecniche combinate
L’addominoplastica e la mini-addominoplastica sono tradizionalmente riservate a quei casi in cui la diastasi dei muscoli retti dell’addome si associa ad un eccesso di pelle, che può essere rimossa in contemporanea attraverso una incisione bassa e trasversale; al termine della procedura la cicatrice resterà coperta sotto gli slip. Questo tipo di tecnica prevede la sutura di accostamento “a cielo aperto” dei muscoli retti dell’addome con fili non riassorbibili. Solitamente non si utilizzano materiali protesici (reti) a meno che non debbano essere corretti difetti erniari associati. L’intervento può avvalersi, in mani esperte, di tecnologie moderne per realizzare lo scollamento e l’emostasi dei tessuti allo scopo di ridurre il dolore e le perdite ematiche e facilitare la guarigione. I tempi di recupero per le normali attività sono di circa 10 giorni (guidare, andare a lavoro). Dopo 1 mese si può riprendere una moderata attività fisica. È una tecnica tra le più diffuse e permette un approccio completo a tutta la parete addominale, con buoni risultati in termini estetici e funzionali.
La plicatura per via laparoscopica si realizza attraverso due o tre micro-accessi di 5 o 3 mm di diametro. La cavità addominale viene gonfiata con del gas e la riparazione delle diastasi viene intrapresa dall’interno. Grazie all’utilizzo di fili autobloccanti è possibile realizzare l’accostamento dei due ventri muscolari diastasati con delle suture semi-continue non riassorbibili. L’intervento non prevede l’escissione di pelle in eccesso, pertanto i difetti cutanei non vengono corretti. Possono però essere riparati i difetti erniari associati, anche grazie all’utilizzo di protesi (reti) specificamente disegnate per essere alloggiate all’interno della cavità addominale. Il dolore post-operatorio è minimo e la ripresa veloce, non essendoci ferite esterne che debbano rimarginarsi. Il rischio di complicanze riguardanti la cicatrizzazione e la guarigione viene in questo caso ridotto al minimo. Un recupero delle normali attività è prevedibile dopo pochissimi giorni.
La tecnica REPA è di recente introduzione e viene realizzata solo in pochi centri specializzati. Ci si avvale anche in questo caso di 3 mini accessi da 3-5 mm di diametro posizionati a livello del pube e pertanto totalmente nascosti dopo la guarigione. La tecnica REPA prevede di realizzare uno scollamento tra il piano sottocutaneo e la fascia dei muscoli retti fino all’apofisi dello sterno, analogo a quello che si realizza per una addominoplastica completa, ma senza tagli. La plicatura per l’accostamento dei muscoli viene realizzata dall’esterno, ma non più “a cielo aperto” bensì al “chiuso”. Con questo approccio si possono riparare le ernie ombelicali di frequente associate alla diastasi e si possono utilizzare anche delle protesi (reti) per rinforzare e rendere più stabile il risultato. L’impatto in termini di dolore è minimo e la ripresa funzionale rapida. Il guadagno in termini di estetica del profilo è buono, sebbene la tecnica non preveda la rimozione di eccessi di pelle ridondante. È una procedura che si adatta molto bene alla riparazione delle diastasi post-gravidiche nelle donne normopeso e che fanno sport.
Le tecniche combinate vengono utilizzate per i casi complessi, nei quali il problema estetico-funzionale della diastasi è complicato dalla presenza di ernie o laparoceli in siti diversi o multipli ed il profilo della parete sia deformato dalla presenza delle stesse, come accade dopo forti dimagrimenti conseguenti a diete o ad interventi bariatrici.
L’approccio chirurgico si adatta pertanto al singolo caso e può prevedere un primo tempo per via laparoscopica e quindi un tempo a cielo aperto o con tecnica REPA.